La prima volta che vidi Derevianko fu in un saggio della scuola del Bolshoy. Lui era un ragazzo, credo fosse al terzo corso. Già allora meravigliava tutti per le sue straordinarie doti fisiche. Aveva uno stacco di gambe incredibile e una leggiadria nei movimenti. Accanto a lui le ragazze sembravano tutte pesanti.
Tuttavia, non volli allora riporre troppe speranze in lui poichè so bene che chi ha grandi doti fisiche spesso non si sviluppa artisticamente. Fu quindi una grande gioia per me quando lavorai con derevianko in "Icar" e "Macbeth" e vidi che il ragazzo con le doti non comuni era cresciuto anche come artista; anzi, che continuava a crescere. Iohosempre amato quegli artisti che lottano non con i loro colleghi bensì con se stessi, in prima linea. Capii subito che Derevianko era uno di questi.
Avamo ed amo la precisione di Volodia, la fisicità perfetta del suo corpo e, oltre a questo, la sua grande carica emotiva. Egli è dotato di un diapason enorme non solo "interpretativo" (in quanto egli può interpretare qualsiasi tipo di ruolo, che sia tragico o comico) ma anche "coreografico". Ciò che voglio dire è che Volodia riesce ad interpretare in maniera perfetta qualsiasi passo, sia i piccoli che i grandi movimenti, sia i gesti taglienti che quelli lenti. Certo, ogni ballerino ha dei movimenti che sono caratteristici: per Volodia sono i jetes e, soprattutto, gli arabesques. Ma egli esegue altrettantobene tutta la gamma dei movimenti e questa è una qualità rara.
Visto attraverso gli occhi di un coreografo, come sono io ora, Volodia è un materiale vivo e malleabile come l'argilla. Ha dato una coloritura forte ai ruoli che ho creato per lui, a cominciare da quello particolarissimo della strega in "Macbeth". Quando mi è capitato di montare lo stesso balletto senza di lui, mi è mancato terribilmente. Inoltre, Volodia riesce ad interpretare ruoli creati precedentemente addirittura migliorandoli rispetto agli interpreti originali. Uno di questi è quello di Paganini, nell'omonimo balletto di Lavrovsky, che ho montato per lui al San Carlo di Napoli nel 1988.
Sono sempre stato convinto che a Volodia serva un suo repertorio personale. Infatti egli ha bisogno di ruoli assai particolari per valorizzare compiutamente le sue doti di ballerino e interprete. Qualcuno sono riuscito a regalarglielo e spero che il mio destino di coreografo mi vedrà spesso accanto a lui in futuro.